mercoledì 19 giugno 2024

CASSANDRE INASCOLTATE
















Cassandre inascoltate

Hai visto
la rovina dell’altrui certezza
prima che si patisse
il rombo sotto i piedi.
Tu bocca, cucita,
come farai a gridare
la soluzione che hai intravista
con l’occhio della preveggenza
senza lacerarti tutta?
Hai visto
meteoriti del potere
bucarci tasche e sogni
ed hai gridato,
perché tutti si fuggisse,
all' illusione dei mercanti in fiera
ma, della gola, s’è perduto il fiato
lasciando vergini le corde da vibrare.
Hai visto,
senza mai guardare,
anfratti su tempeste dentro
e noi
non fuggiremo  ad  esse
perché non hai parole
ad indicarci come.


Shikanu’

Angelo Caduto

Angelo caduto

Ho ali spezzate di angelo caduto

oggi Shika non vola

senza ascoltare senza un aiuto

oggi Shika sta sola

lastre di ghiaccio perse nel cielo

così io mi sento

sbattuta come di fiore uno stelo

sconvolto dal vento

Shikanu'

La luna e gli artisti


Chiaro di luna

Che chiaro di luna, dicevano a volte
quando nulla c'era da mangiare e
a fatica si tentava la vita cercandola
fra luci diverse e fasulle
speranza incerta di giorni di luce e pace

che chiaro di luna, che alcuni più guardano
neppure bambini svezzati a giochi crudeli
abituarsi all'ignobile farsa che la vita può darti

che chiaro di luna, amore, ch'ancora oggi noi
di fortuna vediamo, sopraffatti da tempi feroci
alzando lo sguardo ci appare splendore sugli occhi

e traspare, malgrado gli inganni e il fuoco nemico
che spezza  o distrugge, ci lega scavalcando
i tempi e lo spazio

che chiaro di luna, amore,
lontani e uniti guardandola insieme
alla luce che sviene, a quella che arriva con te.

da "Rosso" di Beppe Costa


 "L'unica certezza" disegno gesso e fusaggine su carta Bristol  di Shikanu'


L'arte informale di Francesco Dau

Se è vero che l’arte informale nasce per dare senso al gesto dell’artista più che all'arte, intesa secondo i canoni classici, se è vero che la scelta del gesto e dei materiali diventa più importante della forma in se stessa, allora Francesco Dau può definirsi a tutti gli effetti un grande artista favorendo la materializzazione delle sue emozioni attraverso una esplosione di colori imprigionati da resine trasparenti in quanto riesce a farci percepire il suo entusiasmo nell'esprimere se stesso senza limitazione alcuna, senza regole imposte da scuole o tradizioni, senza vincoli di pensiero o di stile che possano inibire il libero fluire delle emozioni. L’arte di Dau ci fa entrare in un mondo visionario, dove la ricerca della perfezione cromatica attinge dall’anima e di questa si nutre.
Dove altri, io per prima, cercano con la forma e il significato, Dau  trova nell’oblio di sé e nel rifiuto di ogni condizionamento relativo e in questo sta la sua grandezza.
Rifiutando la plastica della figura, con i possibili agganci al mondo reale, l’artista percorre il sentiero dell’informale, abbandonandosi alla voce della propria coscienza pur mantenendo una coerenza di stile quello appunto inconfondibile che gli è proprio.

Shikanu’

Opera di Francesco Dau

rinnovati intenti......

Resta viva un'opera d'arte quando è in grado di comunicare nel tempo oltre l'intenzione iniziale che la mise in essere.
Mi carico il cuore adesso di una bellissima poesia di Claudio Moica, il poeta che canta il "fuoco" nella raccolta " La solitudine degli elementi" e non posso non vedere quanto ci sia nelle sue parole di me che ho dipinto " ...e la terra sogghigna " con diversi intenti espressivi diversi anni fa, ma leggere Moica rinnova i miei intenti, come una che ha sempre guardato la terra  dall'angolazione della sua statura e improvvisamente può guardarla da un'altra angolazione.

Solo un soldo

Ho coltivato una voce muta
pianto disteso sotto il ciliegio
e un'eclisse di voli alti
riflessa tra cave di pietre.

Controllo il respiro spento
decompongo i sassi sparsi
accarezzo le fredde rotondità
mentre perdo i ricordi.

Eri nel fiume asciutto
trattenuta negli argini dei desideri
come passaggio di barche solitarie
nelle nebbie dei giorni persi.

Come bufera senza vento
hai rovesciato il mare silenzioso
senza curarti del cielo
senza cancellare le orme dei corvi.

Un tempo sarò albero spoglio
senza rami protesi come artigli
protetto da querce dimenticate
e mura sbucciate di vita tardiva.

Getta una moneta nel cappello
un soldo al buffone di corte
niente applausi, niente spettatori
solo urla nel deserto della paura.

Claudio Moica

























IL PUZZLE


















Quando interagiamo con gli altri
diamo di noi parti importanti.
Sta a chi ci ama ricomporre
la nostra autentica essenza
ricomponendo i pezzi del nostro enigma.
Tuttavia ciascuno di noi ha spine dolorose personali
che spesso impediscono di concederci totalmente.
Nessuno così potrà risolvere il puzzle,
spesso a danno di noi stessi.

Shikanu'

















olio su tela 50X70 Spargimi di te
ispirata dalla poesia di Claudio Moica che lo ha  scelto come immagine di copertina del suo libro dallo stesso titolo

Saper guardare e saper vedere non sono la stessa cosa

Ho provato pochi giorni fa a fare una piccola ricerca, fra le persone che ho incontrato, per vedere in quanti fossero al corrente della differenza che passa fra il significato delle parole " guardare" e "vedere" e sono arrivata alla conclusione che in tanti credono, erroneamente, che il significato sia  lo stesso, mentre altri ne invertono l'attribuzione.
Guardare significa indirizzare lo sguardo in una direzione senza essere necessariamente in grado di notare quello che rientra nella visuale. Vedere, invece, significa notare qualcosa di preciso nella visuale del proprio sguardo.
Vedere, così come osservare, significa focalizzare lo sguardo su qualcosa, notare e vedere in dettaglio una determinata cosa.
Guardare, quindi, è la funzione  passiva dell'occhio, vedere  è la funzione attiva.
Un artista che non ha la capacità di vedere difficilmente sarà capace di trasmettere l'onda emotiva che ha suscitato in lui l'incontro con qualcosa che ha attraversato il suo sguardo.
Le cose, non sono solo fatte di massa e materia, sono fatte anche di luci, di forme e di ombre mutevoli ad ogni alito di vento, ad ogni vicinanza con altre cose, ad ogni passaggio di nubi e tante altre varianti che non intendo elencare qui ed ora.
Quello che voglio dire qui, invece, è che questa capacità di posare lo sguardo in modo attivo è più che evidente se si osservano le "Agavi" di Stefano Masili.
Non c'è ossessività nelle sue opere allo stesso modo di come non c'è ossessività in natura.
Nessuna pianta di Agave è uguale a un'altra così come nessun volto umano è uguale a un altro.
Quello che colpisce delle sue opere dedicate a questa nobilissima pianta è la capacità dell'artista di vedere  la luce che di volta in volta su essa si posa dando vita a contrasti mozzafiato; di vedere la drammaticità delle foglie caduche marcescenti in contrapposizione con le nuove germinazioni, come a sottolineare la ciclicità incessante della vita e della morte; la capacità di vedere che il verde delle "Agavi" sa farsi turchese e che le sue punte sanno incurvarsi fino a evocare gli artigli di un rapace feroce avvinghiato alla roccia o emulare dita di mani protese al cielo; la capacità di vedere le texture che la natura disegna intrecciando  grovigli dal fascino misterioso.
Stefano Masili sa vedere questa danza della natura e la trasporta nelle sue opere perché anche altri imparino a vedere oltre lo sguardo fra le cose solo apparentemente banali e lo fa con una tecnica tutta sua, frutto di anni di ricerca dove i colori e i supporti aggiungono allo spettacolo naturale altra materia del tutto nuova per le agavi che si fanno così ruvide e impenetrabili come gli affreschi.
Se grandi poeti come Bartolo Cataffi, Primo Levi e Federico Garcia Lorca hanno cantato questa pianta, evidentemente ha qualcosa di emozionante per chi non si limita a guardare e allora mi
 piace immaginare Eugenio Montale che in quel mondo dove è voluto andare ( come direbbe Beppe Costa ) non si dispiace affatto se io adesso dedico a Stefano Masili un estratto da una delle sue più belle poesie.

L'agave su lo scoglio

Scirocco

O rabido ventare di scirocco
che l’arsiccio terreno gialloverde
bruci;
e su nel cielo pieno
di smorte luci
trapassa qualche biocco
di nuvola, e si perde.
Ore perplesse, brividi
d’una vita che fugge
come acqua tra le dita;
inafferrati eventi,
luci-ombre, commovimenti
delle cose malferme della terra;
oh alide ali dell’aria
ora son io l’agave che s’abbarbica al crepaccio
dello scoglio
e sfugge al mare da le braccia d’alghe
che spalanca ampie gole e abbranca rocce;
e nel fermento
d’ogni essenza, coi miei racchiusi bocci
che non sanno più esplodere oggi sento
la mia immobilità come un tormento.
(da Eugenio Montale, Ossi di seppia; Meriggi e ombre)

shardana



Shardana, una delle canzoni tratte dall'album "Credimi" di Capitano, album che nasce dalla collaborazione fra il compositore e l'autrice-pittrice Shikanu' che ha tradotto in versi ciò che Capitano intendeva comunicare con la musica, la trovate seguendo il link sotto
https://youtu.be/9sGp6sdLMdc?si=fqnP0KapZL861E2h

Spargimi di te

























Edita dalla Pettirosso Editore, con  prefazione di Salvatore Contessini e postfazione di Shikanu' che ha realizzato anche l'immagine di copertina, esce la nuova raccolta di poesie, dedicate alla donna, dello scrittore Claudio Moica












Vincitore di diversi premi letterari
Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana per meriti socio-culturali.






Arte Classica e Arte Moderna, una vale meno dell'altra?

Arte Classica e Arte Moderna una vale meno dell’altra?
Pungolata da un amico che, parlando di gradimento musicale di massa confrontato col gradimento di nicchia, faceva un parallelo con l’arte moderna, desidero qui esprimere il mio parere che ovviamente non costituisce una verità assoluta, ma può aiutare a capire chi sono e come penso.
Diceva, giustamente, che la conoscenza aiuta le emozioni.
Per rafforzare questa sua affermazione raccontava che per lui era stato così quando si era approcciato all'arte moderna.
Non riusciva ad apprezzarla, si annoiava di fronte a delle forme che pensava, sarebbe riuscito a disegnare anche da bambino.
Cito le sue testuali parole:
…” quando ho capito esteticamente il movimento fatto dall'arte di quel periodo, quel dichiarare la forma, quella rivendicazione delle forme rispetto all'imitazione del mondo - che allo stesso tempo alza la questione: e se le forme avessero più realtà dell'immagine nel suo complesso? - quel movimento dell'arte che rivendica la sua presenza anziché nascondersi dietro alle immagini riconoscibili: ecco, è stato lì che in due ore al museo ho visto solo una decina di quadri di Klee perché non riuscivo più a lasciarli... e li ho dovuti lasciare perché i responsabili mi hanno spento le luci e minacciato di chiudermi dentro”.
Il suo discorso mi è piaciuto, meno nel punto che ho sottolineato in grassetto “anziché nascondersi dietro alle immagini riconoscibili”.
Non mi è piaciuto perché sono convinta che l’arte sia palese sempre quando c’è e non ha bisogno di nascondersi dietro alle immagini riconoscibili e tanto meno perde di spessore quando alla realtà si ispira.
Sono una che ama lo stile e poco m’importa come si ottiene.
Amo lo stile di Roberto Ferri e amo lo stile di Francesco Dau.
Amo lo stile di Stefano Masili e amo lo stile di Fabio Mariani.
Amo lo stile di Elisabetta Fontana e amo lo stile di Tiepolo.
Ogni immagine d’arte ha sempre un significato e un significante e non può dirsi certo mera imitazione della realtà riconoscibile ma caso mai reinterpretazione della stessa avendo sempre un piano plastico e un piano espressivo ed essendo sempre portatrice di segno.
Il segno è appunto la relazione che attraversa sia il significato sia il significante di un’opera.
Il significato è l’idea o se preferite il concetto di qualcosa, di qualcuno o di un’azione mentre il significante è esattamente ciò che esprime quel concetto o quell'idea.
I significanti possono essere simboli convenzionali, icone stilizzate, indici di qualcosa ecc.
L’aureola sopra la testa dei Santi per esempio è un simbolo convenzionale non è certo una realtà palese e i simboli convenzionali non sono certo nati dall'osservazione della realtà ma caso mai dall'idea del primo artista che ha interpretato il concetto astratto di santità.
Noto con molto disappunto che tanti utilizzano come metro per un’analisi differenziale fra arte classica e arte moderna la questione della spontaneità come se davvero chi fa arte moderna fosse mosso dall'istinto dietro incitazioni del pensiero critico e chi invece ha fatto arte classica si fosse limitato a un tecnicismo preconfezionato e dietro commissione spinta fino ai dettagli.
Chi ha fatto arte classica non ha copiato la realtà, caso mai l’ha osservata attentamente e l’ha reinventata.
Sia nell'arte classica sia nell'arte moderna il successo di un artista dipende dalla sua capacità di farsi osservare.
Molti, oserei dire troppi, sedicenti artisti di arte moderna pretendono invece di sfidare continuamente il pubblico a capire dove sta il gesto tecnico e il gesto spontaneo, togliendo all'arte il ruolo di messaggera di qualcosa, sia un’idea concreta o un’astrazione per farla diventare una provocazione fine a se stessa.
In pratica non cercano chi li osservi ma chi reagisca e poco importa se sono reazioni negative.
Quando ci incantiamo davanti alla Pietà di Michelangelo, lo stupore della perfezione quasi ci paralizza mentre se guardiamo il Palloncino rosso di Klee di primo acchito, ci viene da pensare che avremmo potuto farlo noi stessi quando eravamo bambini.
Paragonato questo concetto alla musica (per stare nello stile del mio amico), ho immaginato di ascoltare la Cavalleria Rusticana del Mascagni a occhi chiusi immaginando una scena e godendone intensamente, mentre se ascolto un’improvvisazione jazz, posso pensare che posso provare a suonare a mia volta se conosco due note.
Questo ragionamento, ovviamente, non vuole togliere nulla a Klee e neppure alla musica jazz, ma vuole sottolineare le possibili varianti emozionali di fronte alle diverse forme d’arte che per alcuni potrebbero anche essere invertite.
Ecco perché, tornando all'arte mi infastidisce il ragionamento che vuole esaltare le creazioni moderne cercando di buttare fango sui fari di quella classica con frasi fatte del tipo “copiavano la realtà” o “dipingevano su commissione” come se la spontaneità fosse l’unico vero indice per definire un artista e si storce il naso davanti al segno dotto e progettato come se fosse solo portatore di falsità o di emulazione anacronistica.
In realtà sia l’arte classica quanto l’arte moderna dovrebbero avere un solo metro di giudizio che a mio avviso è la riconoscibilità di uno stile proprio, sia che si voglia trasmettere una realtà oggettiva sia che si voglia esprimere un concetto astratto, sia che si voglia solo provocare.
L’osservatore attento deve poter riconoscere un artista dal suo inconfondibile stile e poco importa se riesce ad averne con gesti spontanei o con gesti programmati.
Purtroppo in tanti confondono proprio quest’aspetto.
La rappresentazione soggettiva, che determina lo stile, non è sinonimo d’istinto o di spontaneità.
Altro errore comune è credere che l’arte moderna debba passare per forza dalla sperimentazione materica e non dalla possibilità di dire una cosa già detta in un modo del tutto nuovo.
La verità è che il pubblico moderno non ha il coraggio di esprimere le proprie sensazioni di fronte a un’opera per timore di apparire anacronistico o ignorante.
Concludo dicendo che l’Arte con l’A maiuscola è il fine ultimo del gesto e del segno, mentre la tecnica, l’istinto, le materie scelte e la stessa provocazione non sono altro che il mezzo.
Non c’è differenza alcuna fra Arte Moderna e Arte Classica perché ciascuna esprime lo spirito del suo tempo.

L’Arte è tale sempre e comunque quando provoca un’emozione.
Shikanu'

L'arte dice o non dice?

Che cosa vede un cieco che è nato senza il nervo ottico?
Vede la stessa cosa che tutti vedono con un ginocchio.
Niente!
Non buio, non ombre, niente!
Quelli che invece possono guardare vedranno il risultato dello scontro fra la luce e gli oggetti capaci di rifletterla.
Ricordo una pittrice (non artista), rimase più di un’ora a bocca spalancata davanti a dei bicchieri che avevo disegnato.
Mi chiese, dove avessi comprato il colore trasparente dimostrandomi che non solo non aveva cercato di capire il “non detto”, ma non era stata neppure capace di vedere quello che stava guardando.
Quando si parla di dono della rivelazione artistica, lo capisco bene, ma il dono vale se c’è chi può accoglierlo e vale sia si tratti di arte descrittiva sia si tratti di arte astratta.
Dico “astratta” di proposito perché ho idea che si confonda fra questa e l’arte moderna e si storce il naso in genere parlando di arte  figurativa come se le due cose non fossero compatibili.
Non è vero che nell’arte moderna non c’è la rappresentazione.
L’arte moderna è piena di figurativo!
La stilizzazione della realtà resta comunque arte figurativa!
La questione imitazione non può essere considerata esclusiva dell’arte classica giacché nell’arte contemporanea possiamo notare comunque temi e segni presi in prestito dalla realtà e l’arte astratta non è immune dalla questione imitazione poiché in natura esiste già una sequenza di punti facilmente riconducile a qualsiasi creazione astratta.
Mirò ha fatto arte astratta eppure qualsiasi persona abbia giocato con il microscopio sa bene da dove egli ricavò certe forme.
Kandinsky? Ancora più facile: basta aprire un libro di geometria piana.
Mi piace prendere in prestito una frase estrapolata da “ Altre forme di vita” dei Bluvertigo:
“in altre zone di questo universo
è facile da realizzare
che esiste tutto ciò che io non riesco
ancora ad immaginare “

Il dono della rivelazione artistica non si rivela senza la sensibilità di chi dovrebbe riceverlo allo stesso modo di come un ginocchio non può vedere né buio né ombre.
Ad alcuni queste mie posizioni appaiono come un tentativo di difendere l’arte Classica, come se più volte non avessi citato artisti moderni non figurativi che stimo molto.
Ho solo voluto smontare dei luoghi comuni che non appartengono all’arte se non nelle elucubrazioni contorte di molti artisti che pretendono di possedere più consapevolezza di chi li ha preceduti.

Abbiamo parlato di scarto fra ciò che fa l’artista, ciò che è l’arte e ciò che gli altri vedono e pensano.
Lo scarto esiste anche fra ciò che fa l’artista e ciò che lui è e fra ciò che gli altri vedono e pensano e ciò che loro sono, fra ciò che loro guardano e ciò che sono capaci di vedere ma anche fra ciò che pensiamo sia l’arte e ciò che dovrebbe essere.
C’è poi la questione che pone il dubbio se l’arte “dice” o “non dice”:
L’arte dice eccome!
I linguaggi non sono solo verbali, un muto questo lo sa bene e usa il linguaggio dei gesti.
I linguaggi convenzionali e universalmente riconosciuti sono certo più immediatamente fruibili e tuttavia pure loro si prestano a incomprensioni e fraintendimenti.
Se allargo le braccia a un amico che mi viene incontro non sto solo mostrando due braccia allargate, sto anche dicendo che sono felice di vederlo, che lo amo e che lo voglio accogliere nella mia vita…eppure non ho parlato!
Nessuno ad oggi può dare una definizione esatta di cosa sia l’arte perché è un concetto astratto che, come tutte le astrazioni, è teorizzabile e mutabile a piacimento pertanto non è corretto asserire che l’arte descrittiva non può definirsi arte.
Un romanzo è descrittivo e non è forse arte?
Il canestro di frutta di Caravaggio è descrittivo è non è forse un’opera d’arte?
Gli artisti mostrano quello che non si può dire ma anche quello che non si riesce a dire diversamente o anche quello che rafforza un già detto.
Chi ha pensato con Caravaggio o con l’avvento della fotografia che l’arte “ figurativa” fosse finita perché troppo “descrittiva” a mio avviso, essendo le cose fatte non solo di forma e luce ma anche di sostanza e odori e vibrazioni, ha pensato male.
Una mela su un tavolo è diversa nelle diverse ore della giornata, è diversa se la guardo io o se la guarda un bambino che arriva a malapena al livello del tavolo, ancora diversa se la guarderà una mosca.
Il fattore imitativo non implica “dire il dato” ma dire come soggettivamente l’ho visto e interpretato.
L’arte descrittiva non si esaurirebbe nell’oggetto descritto se guardandola non ci si limitasse a guardare ma ci si sforzasse di vedere.
Chi guardando delle agavi nel belvedere di Nebida vedesse solo delle piante grasse ingombranti che impediscono allo sguardo di raggiungere la laveria Lamarmora, probabilmente non si emozionerebbe guardando le agavi di Masili, oppure può darsi che l’esaltazione delle luci date dal Masili, in contrapposizione con materie prime opache, risvegli i distratti al punto che alla prossima gita a Nebida bisognerebbe rimuovere i destinatari della rivelazione artistica col carro attrezzi perché la contemplazione delle agavi è diventata virale.
Tornando all’idea delle braccia aperte :
se allargo le braccia a un amico che mi viene incontro non sto solo mostrando due braccia allargate, sto anche dicendo che sono felice di vederlo, che lo amo e che lo voglio accogliere nella mia vita…può anche darsi che l’amico interpreti il mio gesto come la mia intenzione di invadere la sua privacy o che volessi sottolineare quanto lo trovassi ingrassato : tutto dipende da chi fa il gesto e da chi lo guarda, nella vita come nell’arte.
Shikanu'

Danza Onirica

























Shikanu', dopo avere indagato “i coni d’ombra dell’uomo”  con opere olio su tela presentate in Italia e in Giappone, riparte da Carbonia per la Rassegna “ Dodici per Dodici” con  “Danza Onirica” una mostra d’arte prevalentemente di opere a gessetti su carta e poche opere olio su tela con valore di tassello di congiunzione fra la nuova e la precedente  proposta.
La “ Danza Onirica” è intesa non solo come attività involontaria durante il sonno ma come una sorta di macchina del tempo capace di escursioni fra emozioni che attingono a volte dal passato a volte dal futuro sognato e sperato ma soprattutto temuto.
Stavolta senza intenzione di indagare i coni d’ombra ma col desiderio di fermare, per condividerle, le idee scaturite dalla frenetica danza dei pensieri, con una tecnica del tutto nuova per l’artista che si accosta per la prima volta alla magia dei gessetti.

Padrino d’eccezione sarà il poeta Claudio Moica che già in passato ha scelto l’artista per la realizzazione delle immagini di copertina dei suoi libri. 
La Rassegna è curata da Salvatore Filia e patrocinata dal Comune di Carbonia.


























http://www.shikanu.com


Contraddizioni di un uomo




















Claudio Moica,
il noto poeta di "Spargimi di te",
torna a sorprenderci  con un romanzo  dal titolo "Contraddizioni di un uomo", edito dalla Pettirosso.
Il romanzo, che si snoda attraverso il punto di vista del protagonista, analizza le dinamiche della vita affettiva di un giovane uomo che deve scontrarsi, suo malgrado, contro le problematiche esistenziali che hanno in qualche modo condizionato le scelte di vita delle donne che incontra.
Parallelamente alle vicende sentimentali, si sviluppa la carriera lavorativa del giovane che evidenzia la sua capacità di  determinazione in netto contrasto con la sua fragilità nei rapporti con l'altro sesso.
Da leggere assolutamente per lo stile narrativo, che racchiude autentiche perle di poesia, vero talento di Moica per il quale è già noto e stimato, e per i numerosi spunti di riflessione sulle nostre stesse condizioni esistenziali che spesso ci spingono a considerare felici  e senza problemi coloro che hanno raggiunto traguardi occupazionali soddisfacenti, come se questo li esentasse dal difficile intrigo che si incontra quando ci si addentra nella trama della vita altrui.
Shikanu'

Trovate nei link suggeriti dal mio sito il collegamento alla casa editrice Pettirosso presso la quale potete ordinare il romanzo.

immagine di copertina di Shikanu'

PIANTO BAMBINO


Fantasie
che mi sovrastano
lasciano segni che
non so più togliere
come un'insegna ormai
di questo vivere
io mi trascino via
senza più chiedere
guardi tu
senza vederle mai
lacrime inutili
se tanto non ci sei

Gelosie
straziano l'anima
con gli occhi languidi
che ho visto
prenderti
Dentro i tuoi alibi
non c'è la verità
ma solo farse che
non sai più reggere
Scegli dai
non è possibile
che mi fai vivere
d'ansia ingestibile

e rimango abbracciata al cuscino
aspettando carezze ed aurore
a che serve il mio pianto bambino
se non togli le spine dal cuore?

Destano
complessi atavici
le scuse misere
che mi deludono
credevo fossi un dio e invece
illudi tu come  fa un demone
che vuole l'anima
Cosa dai
di tutto quel che è tuo?
Soltanto briciole
che non mi sfamano
mai

e rimango abbracciata al cuscino
aspettando carezze ed aurore
a che serve il mio pianto bambino
se non togli le spine dal cuore?



Verso la luce

Verso la luce

Tutti si va verso l'ignota luce,
lume che nessuno mai racconta
strazia il petto eppur seduce
e lascia anima viva affranta.
Ripide scale solo in salita,
nessuno torna per dire della luce
anima che vede resta ammutolita.
Luce genera ansia eppur seduce.
Tutti si va con speme verso l'uscita
anime già passate a tenderci la mano
al limitar degli orizzonti della vita
non è concesso mai andare contromano.

                     Shikanu'

LIBERTE' EGALITE' FRATERNITE'

" Liberté"
e intanto noi
resteremo qui
ad intrecciare idee
per un tempo indefinito.
Uomini in gabbia
questo ora siamo noi
ma tu stringimi forte
che i figli tuoi
vedrai
avran ponti sul mondo
che non chiudono mai.

" Égalité"
che bel concetto eh?
Intanto pesano meno
nelle vostre bilance
le nostre lacrime amare
e i nostri sogni
son fumo
che sale leggero
e alla misura
sfugge

 "Fraternité"
ah questa poi!!
Davvero!
Per voi mi dispiace
ma non siete nati
figli unici.

Shikanu'

Prima la poesia o prima la musica?


Tante volte ci è capitato di chiederci ,
ascoltando una bella canzone, se fosse nata prima la musica o prima la poesia, non in senso generale ma per quella canzone specifica.
Se venisse chiesto a un poeta di scrivere qualsiasi cosa che ben si adattasse a una data musica
 forse perderebbe fluidità espressiva essendo costretto a farsi servitore del musicista e quindi come mi ha suggerito Chiara Daino "non sarebbe un poeta ma semplicemente uno che spezza le frasi e va a capo".
Qualcuno potrebbe dunque obbiettare che allora si pretende che sia il musicista a farsi servitore del poeta e questo sarebbe altrettanto limitante qualora il musicista si mettesse a comporre dietro precise indicazioni del poeta preoccupato per un eventuale sovvertimento del suo scritto.
Il buon senso vuole invece che sia il poeta sia il musicista non debbano mai mettersi come servitori di qualcuno che non sia l'arte stessa.
La poesia ha dentro di se una musicalità e un ritmo che la rende altro dalla prosa così come la musica nel suo ritmo e nella sua melodia è a sua volta poesia.
Nelle collaborazioni musicali e, sottolineo collaborazioni, succede che il musicista pungolato dentro da una bella poesia sia portato a creare una musica che vesta quella poesia delle emozioni che la stessa gli ha mosso dentro.
Succede anche che un poeta sentendo una musica sia spinto ad arricchire di parole quel qualcosa che è già poesia di suo.
Per fare un esempio banale, alla portata di tutti: vi ricordate  “le discese ardite e le risalite” di Battisti -Mogol?  La musica scende e poi risale, fu Mogol a seguire la poesia "musicale" di Battisti o fu Battisti a seguire la traccia musicale suggerita dalla poesia di Mogol?
Davvero è così importante la risposta?
Per me è più importante la nuova luce che  scaturisce ogni volta che gli artisti si mettono in atteggiamento di condivisione e non di competizione.
Shikanu'



Le oscillazioni del gusto in campo artistico.


La godibilità di un'opera d'arte, sia essa pittorica, letteraria o musicale, non  corrisponde al suo valore immutato nel tempo, ma caso mai a differenti modi d'uso e di "captazione" che corrisponde alle diverse personalità di chi giudica l'opera.
Le sensibilità evocate non sono immutabili nemmeno nello stesso artista che si fermi ad assaporare il proprio operato a distanza di tempo.
Desidero portarvi un piccolo esempio:
molti anni fa spinta da un’emozione negativa personale, dipinsi una donna manovrata dalla mano di un ipotetico burattinaio, senza entrare nel merito del risultato tecnico peraltro abbastanza discutibile, 
cercai di imprimere sulla tela la mia sensazione di frustrazione nel vivere il rapporto con chi cercava
di scegliere per me la strada da percorrere.
Il quadro trovò subito un estimatore che con molta probabilità si trovava in situazione empatica col mio sentire, ma può anche darsi che invece l’emozione generata in lui avesse un' altra radice, forse si identificava  nel burattinaio, oppure i colori rosso bruni adoperati evocavano in lui situazioni piacevoli da ricordare o ancora, chissà, era quello che cercava da tempo per armonizzare la parete del salotto col divano rosso!
Rividi la stessa opera a distanza di una decina d’anni, la mia tecnica nel frattempo si era parecchio affinata per cui fui quasi tentata di disconoscerla.
L’ho rivista qualche mese fa a distanza di altri dieci anni e ho notato cose che non avevo io stessa notato mai: una certa rigidità della figura femminile che ha subito suscitato in me  una emozione rinnovata e adeguata al mio vivere attuale: io rigida perché non mi faccio manovrare.
Ecco quindi perché nessuno può dire  a un altro con cosa alimentare la propria anima, sia esso un dipinto, sia una poesia o una musica.
Non esiste una università che possa darci un titolo per acquisire maggior gusto rispetto ad altre persone.
Posso restare indifferente davanti a un affresco del Tiepolo  oggi e domani sentirmi rapita dal giallo di un suo drappeggio; oggi mi emoziono a sentire un’opera verdiana, domani  voglio emozionarmi con Lucio Battisti.
Ergersi a giudice della espressività umana  senza mettere in conto le oscillazioni del gusto equivale alla pretesa di uniformare la società a un unico sentire: il proprio.

 Shikanu'

un filo conduttore ....sempre quello.....



"Tieniti al lato più luminoso del dubbio"
 lo disse Alfred Tennyson 

Mi piace mitigare il dubbio, se sia la poesia che ispira le altre forme d'arte piuttosto che il contrario, pensando che quando le arti si intrecciano fra loro, dando vita a sinergie emozionali, non sia altro che un passaggio di luce unica che attraversa squarciandolo l'enigma di ciascun artista e si veste di parole, colori, forme e suoni che a volte il dubbio lo sciolgono e che spesso invece lo complicano ma non è forse fonte di ispirazione ogni nuovo nodoso e indeterminato cruccio?
Non è forse quella luce fulminea il filo conduttore, sempre quello, che ci spinge a indagare nel buio per coglierne almeno un riflesso?
Shikanu'

Lo sapevate?

 Se vi dicessi che investire in arte non è più così scontato mi rispondereste che  ho scoperto l'acqua calda vero? 

Ok non ve lo dirò!

 Vi dirò invece che sempre più persone arredano la propria casa o i propri uffici  con le stampe; primo perché sono più economiche; secondo perché quando si stancano di vederle le possono buttare  o riciclare senza rimpianti, terzo perché oggi le stampe sono davvero ben fatte e spesso sono anche più belle e artistiche di certe croste che pretendono di farsi chiamare opere d'arte.

Succede però che con le stampe si rischia di trovare nel salotto del vicino di casa la stessa stampa che avete scelto voi.

Molte persone amano  scimmiottare gli altri, per non perdersi il primo posto nel gregge,  ma se siete di quelli che invece amano distinguersi ma allo stesso tempo non volete dilapidare il vostro patrimonio comprando per esempio un mio dipinto 😇, potete rivolgervi a un bel negozio online che offra stampe di design uniche, senza rischiare di trovarle anche da altri venditori. Ne conosco uno davvero originale, si chiama Babajola e nel suo sito è presente un " tool design" che permette di personalizzare  la scelta come per esempio questi meravigliosi cuscini con le stampe delle Janas di Babajola alla quale potrete anche chiederne  una che vi assomigli.




Babajola