La maggior parte dei fruitori delle opere d'arte si affida
al giudizio di critici e curatori, forse perché non ha fiducia nel proprio
sentire o forse perché non ha la possibilità di vedere di persona le opere e
quindi ha bisogno di qualcuno che si faccia portatore di ciò che ha colto con i
propri occhi e il proprio cuore.
Conosco l'artista Salvatore Filia da quando avevo diciassette
anni.
Frequentava il mio Atelier "Novecento" e ho avuto
il piacere di incorniciare le sue bellissime opere di arte figurativa di quegli
anni (1979/80 circa).
Si distingueva dalla massa per l'originalità dei soggetti,come il verdissimo "venditore di cravatte", (attualmente facente
parte della collezione privata di Claudia Varga) e per la particolarissima
texture osservabile solo guardando di persona le opere. Una texture molto
affascinante dove il colore che immediatamente colpisce il fruitore svela uno
strato più profondo generalmente scuro.
Ci siamo persi di vista per quasi trent’anni perché io ho
cambiato regione e quando sono rientrata, ho chiesto di lui e di altri artisti
che stimo perché stavo organizzando un evento d'arte.
Mi hanno detto che Salvatore Filia aveva cambiato stile e mi
hanno mostrato una foto di un'opera del suo nuovo percorso.
Non nascondo che la cosa mi ha addolorato, non lo
riconoscevo più e mi sentivo come "tradita" come chi si dedica con
passione all'ascolto di un musicista Jazz e poi vantando le sue doti scopra che
si sia convertito al folk.
Per fortuna però, io non sono una di quelle che pende dalle
labbra dei critici d'arte per cui la settimana scorsa sapendo che c'era una
mostra di Salvatore Filia sono andata a vedere.
Meraviglia! Il passaggio dalla vecchia strada alla nuova è
più che evidente... resta lo stile inconfondibile che gli è proprio, non più
figure ma stessa texture... colori vivaci che lasciano intravedere colori cupi
sottostanti in un bellissimo ed equilibrato risultato che in alcune opere si fa
addirittura plastico.
Ecco quindi che in un attimo ho percepito e capito l'artista
che lamentava la sofferenza creativa che l'ha condotto a evolversi. Non era il
contenuto in sé delle opere che cercava ma l'emozione del gesto creativo.
Emozione che riesce a trasmettere con potenza.
Shikanu'